(*) Il sistema dei controlli amministrativi delineato dagli artt. 100, 125 e 130 della Costituzione, nel confermare il tradizionale controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti sugli atti del Governo, ha attribuito a quest'organo anche il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato e quello sull'attività finanziaria degli enti pubblici.
Tale sistema, tuttavia, improntato ancora ad una concezione formalistica dell'attività di controllo, volta soprattutto alla funzione della mera verifica di conformità alla legge e trascurando di fatto lo sviluppo di controllo sui risultati, ha mostrato crescenti limiti a fronte della rapida evoluzione dell'Amministrazione degli ultimi decenni. Questa ha visto, da un lato, un progressivo decentramento di funzioni e il corrispettivo moltiplicarsi dei centri di spesa, dall'altro la sempre più spiccata centralità del momento finanziario rispetto a quello meramente amministrativo nell'attività dello Stato e degli enti pubblici.
Pertanto, si sono susseguiti nel tempo interventi normativi e ipotesi di riforma che, in mancanza di una globale revisione del sistema dei controlli, hanno tentato di adeguare progressivamente il sistema alle nuove esigenze.
La questione ha assunto uno specifico rilievo quando il problema dei controlli, con particolare riferimento alla loro carenza, ha messo a nudo la difficoltà di garantire l'Amministrazione dalle interferenze dei partiti politici e dalla corruzione di amministratori e funzionari.
Ove si presti attenzione ai recenti diffusi fenomeni di corruzione, c.d. "Tangentopoli", che hanno così profondamente inciso sul buon andamento e la trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione e coinvolto numerosi soggetti ricoprenti alti livelli istituzionali, evidenziando il ruolo di supplenza svolto dalla Magistratura penale, non può trascurarsi il rischio di pericolo che può derivarne per la sicurezza nazionale.
Per queste ragioni, uno sguardo sull'evoluzione di questi temi può essere interessante anche per la nostra rivista.
Con la legislazione degli ultimi anni si è cercato, dunque, di orientare il sistema dei controlli, dall'area, prima predominante, del controllo "preventivo di legittimità" a quello "successivo della gestione", individuando strumenti, modelli e parametri in linea con la crescente domanda di controlli moderni ed efficienti per arginare da un lato la corruzione degli amministratori in favore del principio di trasparenza della pubblica amministrazione, dall'altro per assicurare una corretta gestione delle risorse.
In tale ambito, importanza decisiva riveste la recente riforma che ha decentrato la Corte dei conti su base regionale, introducendo nuovi e più efficaci strumenti funzionali al controllo preventivo di legittimità, nonché a quello successivo del bilancio e del patrimonio dello Stato, indirizzo che potrà trovare anche specifico rilievo in un rinnovato quadro di rapporti tra istanze centrali dello Stato e autonomie.
In occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 1996 il Procuratore generale della Corte dei conti ha sottolineato che il contenzioso contabile ha subito una trasformazione rivoluzionaria non solo per il decentramento dell'organo giudicante e di quello requirente ma anche per le sostanziali modifiche normative dei procedimenti istruttori di competenza delle sezioni regionali. Contemporaneamente anche gli organi centrali preesistenti hanno trovato un assetto diverso: le sezioni riunite, le sezioni ordinarie divenute di appello, la stessa procura generale hanno assunto dimensioni e assegnate funzioni differenti. In particolare si è accentuato l'indirizzo a favorire il coordinamento dell'intero apparato ed il tentativo di garantire una continuità giurisprudenziale e l'equilibrio fra le pronunce provenienti ormai da venti differenti sedi regionali.
Come si è già avvertito è il procuratore regionale che oggi esercita il potere di iniziativa nei giudizi di responsabilità in base alle notizie di fatti dai quali possono emergere danni per i soggetti pubblici addebitabili ad amministratori ovvero a dipendenti. La procura, come in passato, può attingere informazioni da qualsiasi fonte, quindi anche da notizie stampa o da denunce di privati. La prevalente fonte normativa rimane tuttavia l'art. 53 del t.u. 1934, n. 1214, cui occorre aggiungere l'art. 83 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e l'art. 20 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3. Tali precetti impongono, nell'ambito dell'organizzazione statale, un obbligo di denuncia a carico di funzionari dirigenti che vengano a conoscenza di fatti dannosi direttamente ovvero a seguito di rapporti di loro dipendenti; se l'accertamento deriva da una ispezione è lo stesso ispettore che dovrà provvedere alla denuncia alla procura (art. 12 d.p.r. 30 giugno 1972, n. 7489). Si tratta di precetti che sono venuti assumendo, anche per la spinta pretoria della giurisdizione, un profilo che li fa considerare applicabili a tutto il settore pubblico. Per le regioni vi è una previsione specifica contenuta nell'art. 32 della l. 19 maggio 1976, n. 335 che impone tale obbligo di denuncia a carico di amministratori e funzionari dirigenti. Ovviamente allorché le norme prevedono l'obbligo di denuncia l'omissione comporta una responsabilità di soggetti obbligati nel caso di dolo o colpa grave, e, nel caso di ispettori, anche per l'omessa rilevazione di irregolarità.
Con l'art. 1, 3° comma della l. n. 20 del 1994 si è stabilito che ove si verifichi, per il soggetto pubblico, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, derivante proprio per effetto dell'omissione o di ritardo nella denuncia del fatto, i soggetti responsabili dell'omissione o del ritardo della denuncia rispondono anche del danno erariale verificatosi.
L'azione del procuratore è proponibile entro i cinque anni dalla data in cui è maturata la prescrizione.
Indubbiamente tale disposizione viene a porre a carico di coloro che sia pure per colpa o per comportamento doloso non hanno rispettato l'obbligo di effettuare, entro i termini previsti, la regolare denuncia, una non lieve responsabilità di un evento dannoso al quale sono rimasti estranei. Ciò confermerebbe che nel processo contabile la finalità di prevenzione ed il profilo sanzionatorio sono nettamente caratterizzati e non secondari come nella responsabilità civile a cui per decenni la giurisprudenza ha voluto accomunare il processo dinanzi alla Corte dei conti. (1)
L'iniziativa processuale nel giudizio di responsabilità, diversamente dal processo di conto caratterizzato dall'automaticità, parte dalla citazione in giudizio fatta dal procuratore regionale. Prima della notificazione l'atto viene trasmesso al presidente della sezione il quale, con propria determinazione, apposta in calce, fissa la data dell'udienza di discussione ed il termine entro il quale le parti possono costituirsi, prendere visione degli atti e presentare memorie.
Deve avvertirsi che nella legislazione recente vi è una novità di rilievo rispetto alla situazione precedente. L'art. 5 del d.l. n. 453 del 1993, convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, ha introdotto l'invito a dedurre che ha dato luogo nelle prime pronunce giurisprudenziali a conclusioni contrastanti. La sezione siciliana (23 marzo 1994, n. 38) ha ritenuto che si tratti di un presupposto processuale la cui mancanza comporta l'impossibilità dell'instaurazione del giudizio (tesi che oggi sembra la più accoglibile) mentre la sezione per la Sardegna (12 marzo 1994, n. 116) ha ritenuto che la mancata formulazione dell'invito prima della rituale notifica dell'atto di citazione non possa portare alla nullità della citazione per inammissibilità della domanda. Ad avviso della sezione le nullità devono essere tassativamente indicate e, nella specie, l'istituto dell'invito non appare strettamente attinente alla tutela del diritto di difesa. Sostanzialmente conforme alla tesi della sezione sarda STADERINI il quale osserva che lo scopo della norma non sembra essere quello di avvertire formalmente il chiamato in giudizio quanto quello di informarlo allo scopo di evitare l'inizio di un processo a suo carico se egli può dimostrare senza ombra di dubbio la sua estraneità di fronte al fatto contestato dal procuratore. (2)
In qualche decisione si parla dell'avviso come di uno strumento di garanzia e collaborazione (sez. II, 16 maggio 1994, n. 123; id. sezione Lazio, 17 novembre 1994, n. 25); ovvero come strumento di garanzia dell'inquisito (sezione Lombardia, 24 marzo 1994, n. 31); ovvero come semplice mezzo di conoscenza che il procuratore regionale acquisisce nell'interesse della giustizia e del destinatario dell'invito (sez. Veneto, 2 marzo 1994 n. 8).
In uno scritto sull'argomento, che ripete il contenuto della decisione n. 123 del 1994 della sezione per il Lazio, si cerca di meglio qualificare la natura e la portata dell'avviso di garanzia. Non si tratta di un atto avente la funzione di rendere edotto un cittadino del fatto che si inizia una indagine a suo carico. Nel giudizio risarcitorio dinanzi alla Corte dei conti l'invito non è un avviso che viene inviato prima di effettuare una indagine preliminare ma un momento diverso, quando si sono già individuati i fatti considerati dannosi e si sono riscontrati degli elementi di responsabilità a carico di qualcuno. "La funzione dell'invito non consiste nell'avvertire l'agente di amministrazioni pubbliche che si inizia una indagine che lo riguarda". L'invito si indirizza ad un soggetto che è stato già indagato e che si appalesa come probabile danneggiante. La funzione dell'invito è quella di contestare specifici fatti, determinati in tutti i loro elementi costitutivi, qualificati come fatti dannosi, dando la possibilità di dedurre in ordine agli stessi. (3)
In realtà la collocazione dell'avviso nel processo contabile, nel quale non esiste, come invece è nel processo penale, il giudice per le indagini preliminari al quale il procuratore chiede il rinvio a giudizio, costituisce un ibrido. Non si può dire che esso abbia una mera funzione di informazione perché il presidente della sezione, allorché riceverà l'atto di citazione da notificare potrebbe (dovrebbe?) anche verificare se l'invito sia stato regolarmente inviato e quale esito abbia avuto. Nella realtà è l'atto stesso di citazione che nella parte conclusiva dovrebbe contenere gli estremi dell'avvenuto invio dell'invito e del suo esito, nonché delle valutazioni date dalla procura alla risposta fornita dall'invitato. Tuttavia l'invito, specie se rimane senza alcun intervento di colui al quale è stato inviato, non integra una condizione dell'azione del procuratore, ma rimane un presupposto processuale la cui mancanza, costituendo una violazione della legge, si traduce nella inammissibilità della domanda di instaurazione del giudizio. Ne deriva che, nonostante la sua sostanziale diversità rispetto agli atti di garanzia previsti nei procedimenti penali, l'invito introdotto dalla legge n. 19 del 1994 costituisce un adempimento prodromico del giudizio ed ha carattere di necessità ed indispensabilità. Ne consegue che la sua mancanza costituisce vizio non sanabile e non consente l'apertura del dibattimento.
L'introduzione del giudizio di responsabilità avviene attraverso l'atto di citazione a comparire formulato dal procuratore regionale. La citazione deve, ovviamente, indicare la sezione territorialmente competente, l'ufficio del pubblico ministero che agisce, il nome, il cognome, domicilio, residenza o dimora del convenuto, l'oggetto della domanda, l'esposizione dei fatti e la qualificazione giuridica del convenuto in relazione ai fatti dannosi contestati. Deve essere precisato su quali motivi si fonda la domanda con la indicazione dei mezzi di prova o dei documenti di cui il p.m. intende valersi e dei documenti che offre in comunicazione. Deve contenere la domanda, indirizzata al presidente della sezione, della fissazione di udienza e l'invito a costituirsi in segreteria entro i termini fissati dal presidente. Nel silenzio delle norme di procedura, che sono tutte di antica data, deve ritenersi che la citazione dovrebbe anche dare contezza dell'avvenuto invio dell'invito a dedurre e del suo esito.
Si è posto il problema di una possibile nullità dell'atto di citazione nel caso di omessa indicazione della sezione regionale ma la questione sembra del tutto bizantina. È evidente che il procuratore intimante parla per la sezione nella quale è incardinato né è legittimato a chiedere un processo presso una sezione diversa. Allorché il giudizio si svolgeva al centro vi erano a Roma due sezioni giurisdizionali con competenza promiscua ed era il presidente della Corte che determinava l'assegnazione ad una di esse. Oggi il problema non sussiste più e lo stesso presidente della sezione regionale non può che assegnare il processo alla propria sezione. Quindi il problema si porrà soltanto se in futuro verranno create articolazioni diverse o distaccate della sezione regionale.
Anche la previsione di nullità per difetto di sottoscrizione dell'atto di citazione o del decreto presidenziale attiene più ai formalismi che alla sostanza. Comunque se fatti del genere si verificano essi sottolineano difetti di organizzazione degli uffici ausiliari che, comunque, prima della partenza o notificazione di un qualsivoglia atto, sono tenuti a verificarne la regolarità formale, anche per non incorrere in responsabilità. Basti pensare all'impossibilità di reiterare la notifica di una citazione priva delle necessarie sottoscrizioni per la sopravvenuta scadenza dei termini o per il sopraggiungere di prescrizioni.
L'atto di citazione predisposto dal procuratore, oltre ad avere la funzione di vocatio in jus ha anche quella di precisare l'oggetto della domanda sulla quale si sollecita l'intervento del giudice. L'atto viene notificato e devono decorrere non meno di sessanta giorni dalla notifica a quello dell'udienza (centoventi se il convenuto è fuori d'Italia). L'iscrizione della causa a ruolo e la fissazione dell'udienza da parte del presidente devono precedere la notifica dell'atto di citazione. Il deposito del fascicolo in segreteria e la nomina del relatore hanno luogo successivamente.
La parte si può costituire personalmente oppure avvalersi della difesa di un avvocato iscritto nell'albo dei professionisti ammessi al patrocinio dinanzi alla Cassazione. Documenti e memorie, eccezioni ed indicazioni di mezzi di prova si attuano mediante il deposito in segreteria del fascicolo contenente la comparsa di risposta alla citazione, la copia dell'atto di citazione e l'eventuale nomina, con procura, del difensore. Per l'eventuale ricorso incidentale, invece, non è sufficiente il deposito in segreteria ma occorre la notifica alle parti. (4)
Per il procedimento si seguono le norme contenute nel regolamento di procedura. Ove queste non dettino prescrizioni specifiche si applicano i principi del codice di procedura civile in base al rinvio operato dall'art. 26 del codice di procedura della Corte che dispone l'applicazione, nei giudizi contabili, delle norme e dei termini della procedura civile "in quanto applicabili e non modificati dalle disposizioni del regolamento". Si è posto il problema dell'applicabilità delle innovazioni introdotte nella procedura civile che possano incidere su disposizioni del regolamento di procedura. In linea generale la giurisprudenza è favorevole all'accoglimento dello jus superveniens allorché si tratti di innovazioni modificative-aggiuntive correlate ad una migliore attuazione dei principi dell'ordinamento in materia di giudizi e di diritti dei cittadini.
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